Ci sono pagine di Storia che si vorrebbero dimenticare ed altre che, per il loro alto valore civico, dovrebbero essere esaltate o, anche soltanto, conosciute.
E' il caso della 'silenziosa ed attenta ospitalità' dei Rorenghi nei confronti di famiglie israelitiche, che hanno trovato in questo piccolo paese della Val Luserna un rifugio contro le leggi razziali nazifasciste ed il rischio della deportazione nei campi di annientamento, ma anche amici disinteressati e leali.
'La piccola comunità interetnica' di Rorà divenne 'Repubblica partigiana' ed ebbe la sua infermeria con il giovanissimo 'Zanzara' (Walter Rossi), che appena diciassettenne voleva dare il suo contributo alla guerra di Liberazione, la sua scuola di 'educazione civica' per l'intera popolazione e l'attivismo delle donne, legate al 'Gruppo di difesa della donna' di Torre Pellice, guidato da Frida Malan.
Sette famiglie, circa venti persone, vivono a Rorà tra il 1943 e il 1945: i Terracini, i Levi, gli Amar, i Bachi, i Sacerdote, i Debenedetti… tutti collaborano con i partigiani, dislocati sulle montagne vicine, alcuni anche ebrei come Emanuele Artom, Sergio Diena, Walter Rossi, Ugo Sacerdote, offrendo così un loro contributo alla guerra di Resistenza.
Rorà ha una solida tradizione valdese di ribellione al sopruso e questo ha favorito i rapporti verso ebrei e partigiani.
Qual era, dopo l'armistizio Badoglio dell'8 settembre '43 e lo sbando dell'esercito regio, la realtà dell'Italia occupata dai nazifascisti?
Quella di una 'riserva di caccia': ai giovani di leva per reclutarli tra le proprie truppe; a uomini reduci da esperienze belliche in mezza Europa ed ostili ai 'vecchi' alleati per inviarli in campi di lavoro coatto a fini bellici in Germania; agli antifascisti ed agli ebrei.
La campagna antisemita contro la 'piovra giudaica', sferrata nell'autunno 1943, fu spietata e violenta più di quanto lo fossero state le persecuzioni razziali del 1938 e degli anni seguenti.
Nel 1938, gli ebrei in Italia furono emarginati, esclusi dalle loro attività professionali, dalle scuole, dalle banche, dai ministeri, dagli uffici pubblici e privati.
La loro era una 'non-vita' civile.
Nel 1943, con l'occupazione tedesca, la situazione degli ebrei divenne critica e vide situazioni sconvolgenti: la deportazione degli ebrei romani (16 ottobre '43) ed il decreto Buffarini Guidi (30 novembre '43) per deportare tutti gli ebrei italiani.
La campagna antirazziale divenne tangibile anche in Val Pellice: per le strade di Luserna San Giovanni e di Torre Pellice apparvero manifesti che offrivano taglie sulle teste degli ebrei.
Alcune famiglie di ebrei, che avevano frequentato la Valle in tempo di pace come luogo di villeggiatura, e che si trovavano nel fondo valle in seguito allo sfollamento da Torino bombardata, cercarono rifugio nelle borgate tra i monti, soprattutto nel Vallone di Luserna, a Rorà, presidiata dal gruppo di 'Tolone'.
Qui molte famiglie valligiane, spinte fondamentalmente dalla loro coscienza e incuranti dei rischi di rappresaglia, aprirono le loro case ai perseguitati e ai partigiani.
La storica casa di Durand Canton, appartenente alla famiglia Mourglia, ospita, in camera e cucina, i Debenedetti, la più giovane dei quali, Franca, appena quattordicenne, ricorda così la Liberazione: "Andammo a suonare le campane in segno di festa e di gioia… quando potemmo lasciare l'esilio di Rorà e ritornare verso la bassa valle per riprendere le nostre attività… scoprimmo di non avere più casa a Torino… il pastore Geymet ebbe l'idea di organizzare nel teatrino di Rorà una festa di saluto per gli ebrei che partivano; fu una serata di grande commozione, perché lasciavamo delle persone che si erano dimostrate per noi veramente amiche".
Le testimonianze di ebrei a Rorà, attinte da libri, riviste o interviste rilasciate 'dalla cattedra' della nostra scuola, offrono uno spaccato del territorio rorengo e della sua varia umanità: emergono borgate (Vernarea, Vagera, Rumer…), interni di case e di locande, sentieri e boschi di montagna; spiccano ritratti di resistenti per la libertà ed episodi di grande o nascosto eroismo.
Ci ha avvinti e commossi la testimonianza di Carmela Mayo Levi che, con la sua chiarezza ed umanità, ha tracciato davanti ai nostri occhi un 'frammento di storia', localizzato nel tempo e nello spazio, ma emblematico per le potenzialità che racchiude.
Le sue parole hanno proiettato davanti ai nostri occhi sequenze di un film: la costituzione della 105^ Brigata Garibaldi 'Carlo Pisacane' sotto la guida di 'Barbato' e 'Luca' (Colajanni e Geymonat); la nascita di varie basi a Rocca Rossa con 'Penna Nera', a Pian Frulè con 'Poldo' e 'Daga', a Pian Pra con 'Alberto', al Rumè con 'Ezio', agli Ivert con 'Paschetto', al Valanza con Vittorio Rostan, a Villa Agradi con 'Zanzara' e Anna Barbero; la Rorà di un tempo con la sua neve alta, la strada tortuosa e polverosa, la sua posizione decentrata; le emozioni di una giovane sposa che inizia la sua vita coniugale in una situazione 'anomala', ma sa cogliere con lo sguardo e con l'animo quanto la circonda: "...Trovai le violette fiorite vicino alla porta di casa; era un paesino esposto al sole, circondato da monti maestosi e bellissimi, quasi sempre coperti di neve.
Era un po' isolato (ora la strada è asfaltata e c'è una corriera da Luserna), senza mezzi di comunicazione, con un solo negozio, due chiese (quella Valdese e quella cattolica), la scuola elementare composta di due stanze con una decina di scolari in tutto, il Municipio con la buca delle lettere ed il postino che ogni giorno percorreva a piedi, prendendo le scorciatoie della montagna, circa una ventina di chilometri tra andata e ritorno da Luserna San Giovanni".
Le sequenze continuano con l'elenco degli sfollati ebrei: Roberto Terracini, la moglie Adele e la figlia Lia di 3 anni, conosciuti come 'Ferraguti'; Debenedetti Adele di 80 anni, la figlia Eugenia, Debenedetti Riccardo, la moglie e le figlie di 13 e 16 anni, conosciuti come 'Roncati'; le tre sorelle insegnanti Bianca, Quinzia e Maria Amar; i coniugi Levi, Mario e Carmela Mayo, conosciuti come 'Olearo'; le due sorelle Bachi, Rachelina ed Emma; la famiglia Sacerdote, Dorino e Paola, e i figli Ruggero di 18 anni, 'Geo' fra le file G.L., e Ferruccio di 15 anni e la madre di Paola, Nizza Matilde.
Emerge dal racconto, la creazione politica della 'libera repubblica democratica di Rorà' sotto la protezione del distaccamento partigiano guidato da 'Marco' (Franco Montagnana); coordinata dall'amministrazione popolare di Maurizio Tourn, Giacomo Morel, Biasin, 'Romanino', Riccardo Di Nanni e 'Tari', la cuoca (Mamma Manara); delimitata dal posto di blocco a Pontevecchio.
Vengono sottolineati l'azione della giunta di Rorà nella consegna alle singole famiglie di carne, farina e sigarette, la panificazione al forno comune, il lavoro a maglia delle donne per procurare calze calde ai partigiani, la preparazione di bende con vecchie lenzuola, il reperimento di uova per vincere la fame o il paiolo di polenta sempre sul fuoco…
Vengono abbozzati ritratti di donne come 'Magna Albertina' di Pian Pra, Palmira, Mary Grill… si ricostruiscono sotto i nostri occhi le serate fra amici alla 'Vagera', dove vivono gli 'Olearo': letture di giornali clandestini, discussioni, carte geografiche, progetti, patatine fritte, speranze…
Il riferimento alla battaglia di Pontevecchio con le sue durezze, le crudeltà, gli eroismi, come quello di 'Ulisse', la resistenza di Don Micca, donne, vecchi e bambini presi in ostaggio, saccheggi… estenuanti giorni di marcia tra i monti per costringere a scoprire i ribelli, ma… i rorenghi sanno tacere.
Carmela Mayo sa raccontare la storia tenera e forte di 'Zanzara' e quella comico-tragica di 'Oscar', testimone dell'eccidio di Pian del Lot; oppure lo schianto dell'aereo americano su Monte Cornour, alle 22 del 12 ottobre '44 ed i funerali delle vittime a Rorà con rito congiunto valdese, cattolico ed ebraico: diversità di rituali, ma stessa pietà per vite stroncate.
La testimonianza di Adele Böhm Terracini, tratta da 'La Beidana' del 1991, sottolinea i rapporti tra il marito pittore ed i partigiani, che andava a trovare nelle basi e di cui ha lasciato vividi ritratti e parla della 'Vernarea', una cascina ospitale; mentre le pagine dell'opuscolo illustrativo della mostra retrospettiva 'Immagini di vita partigiana', sempre del 1991, offrono primi piani in carboncino di 'Pavarin', di 'Alberto' o scorci su grange sicure per i partigiani o su scene agresti e un elenco interessante di tavole, un mondo partigiano ad acquerello e a carboncino, autentico e vivo.
E' un micromondo, quello di Rorà, che a Carmela Mayo Levi appare 'statico' e perciò tranquillizzante, di fronte ad un mondo che sembrava impazzito.
La solidarietà non è considerato un optional: "I padroni di casa portavano le mucche al pascolo e ci davano il latte; il postino ci fece avere le tessere annonarie e così avemmo un po' di farina che portavamo al forno, una volta alla settimana, e ci veniva consegnato l'equivalente di pane. Comprammo due galline per avere delle uova e, più tardi, anche qualche coniglio".
La ricchezza era sentita non in termini di denaro, ma nell'avere "patate, mele e castagne nella dispensa": questa affermazione attesta come un cittadino fatichi a diventare montanaro, ma poi comprenda il senso del vivere di ciò che la terra può dare.
La maturazione politica è lenta, ma progressiva: sarà il socialismo che darà la giustizia e toglierà sperequazioni e privilegi; mentre sono il capitale e l'interesse che generano guerre. Sono i nuovi pensieri che si fanno strada nelle menti di chi vive una condizione di 'esclusione'.
Saranno gli uomini dei vari distaccamenti che sorgono in luoghi strategici e sicuri, alla Galiverga, alla Bordella, a Pian Frulè, a Pian Pra, agli Ivert, a Rocca Rossa, che dovranno diffondere queste idee e farle trionfare.
Nelle frasi di Carmela Mayo si rincorrono i nomi di 'Petralia', 'Gioanin Dagot', 'Marco', 'Romanino', 'Alberto', 'Siringa', 'Dante', 'Ulisse', 'Genova', 'Venezia', 'Oscar', 'Tolone', 'Ezio', 'Ombra', 'Balilla'… sono tutti partigiani e lei dice che sono 'belli', una bellezza fisica che avvertiamo anche come bellezza interiore.
'Marco' ha gli occhi azzurri, 'Romanino' lunghe chiome fluttuanti al vento, 'Alberto' barba e occhi nerissimi…
E' con questi uomini che collabora, che discute come dovrebbe essere la nuova Italia comunista: una macchina da scrivere portatile, regalo di nozze, diventa lo strumento per redigere 'La Rocca Rossa', un foglio di notizie e canzoni partigiane; carta carbone serve per fare copie da distribuire ai partigiani.
Anche questa è lotta contro il nemico: scrivere è testimoniare; testimoniare è non permettere che si dimentichi.
Si vorrebbe una vita normale e certe ricorrenze si devono festeggiare: "Per Pasqua regalammo delle uova colorate ai partigiani, una fetta di dolce, un paio di calze dove dentro c'era un bigliettino d'auguri scritto dalla ragazza che le aveva fatte"… si vuole ricreare un clima familiare ed amico.
Anche i collegamenti con il centro di Torino sono essenziali; una donna può passare più inosservata tra le maglie del controllo nemico: borsa con doppio fondo, viaggi settimanali mascherati dagli acquisti di sale scambiato con burro, freddo e paura sul vecchio camion della Mazzonis, diventato 'di linea', percezione netta che l'Italia è divisa in due e "i fratelli sono contro i fratelli".
Le donne, spesso silenziose compagne di avventura, vogliono far sentire la loro voce e la loro presenza organizzata: il 'Gruppo di difesa della donna', costituito da Frida Malan a Torre Pellice, trova in Carmela Mayo una 'fan' agguerrita ed attiva.
… Diciotto mesi sono lunghi e faticosi, ma finalmente….
"Il 25 aprile 1945 le campane di Rorà suonarono a distesa, lungamente, come impazzite di gioia echeggiando per tutta la valle.
Tutti uscimmo di casa, ridendo e piangendo, ci salutammo ed abbracciammo: questa volta la guerra era veramente finita… Nella locanda del Frioland suonava la fisarmonica… suonarono 'Bandiera rossa' per Mario e per me… sentii che potevo finalmente cantare!"
Ci ha commosso questo desiderio di canto, perché abbiamo sentito in esso il respiro della libertà finalmente non più soffocato.