TESTIMONIANZA di Luigi Negro (Dante)

Due fratelli, due ufficiali del Regio Esercito. Il più anziano di complemento, il più giovane in SPE. Pinerolesi, all’otto settembre si trovavano uno in Slovenia e l’altro nel Trentino.
Sarebbe un bel racconto il loro “viaggio” per tornare a casa, concluso verso fine mese.
La repubblichetta fascista richiamava alle armi, l’alternativa erano le formazioni Partigiane che stavano nascendo e sviluppandosi.
“Vecchi” in rapporto alla maggior parte dei Partigiani, che erano principalmente delle classi ’23-’24-’25.
Avevano un’esperienza dovuta all’età e alla vita militare.
Divennero Comandanti di valore combattendo fino alla fine, e se non divennero “leggendari”, come Barbato, Boldrini ed altri, fu per il loro carattere e le loro convinzioni.
Un’azione da loro guidata rimane nella storia delle Brigate garibaldine del Cuneese e del Piemonte: l’attacco all’aeroporto di Murello con la distruzione di trentadue aerei.
Una pietra miliare per tutte le formazioni: il passaggio dall’infanzia alla maturità delle forze antinaziste.
Un’azione concepita e preparata bene, eseguita ancor meglio con una valenza enorme ben oltre al danno arrecato al nemico.
Nata dall’intuizione di Balestrieri 1°, il più anziano, durante le azioni in pianura per sabotaggi e ricerca di rifornimenti.
Comprese l’importanza e come l’attacco fosse possibile. Aveva studiato e capito i punti deboli della sorveglianza.
I fascisti non ritenevano le forze partigiane in grado di compiere un’azione simile.
L’attacco nella notte del 2 dicembre del ’43.
Due camioncini e un’auto, una ventina di uomini. Sorpresa la guarnigione e disarmata, incendiati gli aerei, alcuni già con le insegne dei ‘nazi’ sulla fusoliera.
Non ci fu la prevedibile reazione tedesca della guarnigione di Racconigi o dell’aeroporto di Scarnafigi.
Un bagliore immenso, un fascio di luce illuminava e riscaldava i cuori in quel periodo buio e freddo.
All’alba al ritorno, in ogni frazione o paese attraversato un’ala di gente entusiasta e felice.
Un impatto enorme, una folgore, un segnale a tutti.
Anche i bollettini di guerra alleati lo menzionarono: “I Partigiani ci sono, forti e decisi e con voi e per voi combatteranno”.
L’azione era stata audace come intuizione, determinazione e coraggio e se Balestrieri diceva che si rilevò semplice, per i ‘nazi’ fu un’amara sorpresa: non potevano supporre che la capacità organizzativa e decisionale dei “ribelli” fosse stata raggiunta in così breve tempo.
E amara sorpresa, oltre al coraggio, la perfetta esecuzione, il coordinamento, la disciplina dei ragazzi, la motivazione che, dai Comandanti all’ultimo partigiano, avevano dimostrato. E soprattutto gioventù preparata da loro…… “sotto la guida illuminata del duce”.
Compresero anche l’importanza enorme dell’episodio.
La Resistenza sapeva colpire ovunque e le guarnigioni nazifasciste non si mossero più e mai uscirono dalle loro roccaforti-caserme se non in grandi forze.
Era passato quasi un anno e mezzo da quel due dicembre e le formazioni si stavano portando verso Torino, verso l’ultima battaglia.
Su quel camion, un Bianchi Miles, che stava portando il distaccamento del Montoso, c’era ‘Balestrieri’ 1° che lo comandava e ‘G.N.’ era il suo Commissario di Guerra.
Dopo gli ultimi scontri e gli ultimi caduti, a Torino, vedendo la città in festa per la liberazione, la fine dell’incubo della guerra, con l’ultimo anno di fame, bombardamenti, coprifuoco e con il buio nel cuore, quel periodo nero con rastrellamenti di civili, deportazioni, impiccagioni e fucilazioni disse: “Non passerà molto tempo che ci metteranno in condizione di non poter più dire che siamo stati partigiani”.
Fu buon profeta, non era un politico, ma capì più di tutti loro che il nostro movimento non poteva essere accettato, perché si era combattuto non solo contro i nazifascisti, ma anche per una maggior giustizia sociale, per eliminare quegli scompensi sociali che avevano portato a due guerre mondiali con decine di milioni di morti, con sconquassi sociali, corruzione, arricchimenti, a un degrado morale che avvelenava la Nazione.
Quelle forze che avevano portato a questi risultati di morte e distruzione paventavano di vedere attaccati i loro privilegi, non volevano rendere conto dei loro misfatti.
Erano quelli che appoggiarono il fascismo non per ideologia ma per il loro interesse che collimavano con il regime che portò alla nazione il completo disastro, ma a loro potere e ricchezza.
Avrebbero avuto l’appoggio anche degli alleati. Discussero parecchio, a ‘G.N.’ sembrava che ‘Balestrierì’ fosse pessimista, ma lui capiva che i mezzi di informazione, giornali, radio e tutti gli altri apparati propagandistici, che permisero l’aggressione a tutta l’Europa con distruzione, genocidi e tutti gli orrori che la guerra ha comportato, erano sempre in mano loro.
Per difendere il loro potere e i privilegi accumulati, avrebbero infangato e distrutto quanto di pulito era rimasto e non avrebbero accettato di pagare un pur minimo prezzo per ricostruire la nazione: lungimiranza amara, ma profetica.
Immediatamente si vide come gli alleati non permisero la pur minima epurazione; non un solo gerarca fu rimosso; impedirono che nell’apparato amministrativo pubblico entrassero gli antifascisti.
Imposero l’immediato scioglimento delle formazioni partigiane con il conseguente allontanamento dei singoli con disagi enormi per chi era originario da paesi lontani lasciati allo sbando.
D’altronde si sapeva con certezza cosa sarebbe avvenuto esaminando le relazioni dei comandi e dei C.L.N. delle zone liberate, che illustravano la situazione e il comportamento degli alleati.
Tra l’altro, alla voce “Epurazione” una sola riga: meglio farla ‘prima’.