In un lontano passato, la panificazione era un rito collettivo, perché avveniva nei 'forni bannali', come ci ricorda Teofilo Pons, forni comuni cui accedevano quanti partecipavano con una quota alla sua proprietà.
Fino all'Ottocento, ogni famiglia, all'inizio della stagione fredda, effettuava diverse infornate successive, per preparare il pane necessario per l'inverno: questo diventava estremamente duro, ma non ammuffiva e lo si mangiava a pezzi, dopo averlo frantumato con un certo sforzo.
Oggi, in epoca di produzione industriale, è raro trovare chi abbia un proprio forno e possa prepararsi il pane necessario alle sue esigenze.
Talvolta, per un caso fortunato del destino, può capitare di imbattersi in nuclei familiari che conservano gelosamente e perpetuano la tradizione del farsi il pane: è il caso dei coniugi Pontet di Serre di Angrogna, possessori di un centenario forno in pietra e custodi abili della tecnica antica della panificazione.
Il loro lavoro avviene seguendo precise fasi, nelle quali vi è la netta divisione dei compiti.
La sera prima dell'infornata, è la signora Pontet che prepara l'impasto, unendo farina, acqua ed il lievito naturale, conservato accuratamente sotto sale grosso dalla panificazione precedente; quindi depone l'impasto, perché lieviti e diventi gonfio ed elastico, in una cassapanca di legno, ambiente che crea il giusto grado di umidità e di temperatura perché la lievitazione avvenga.
Il giorno successivo, circa due ore prima dell'infornata, il signor Pontet deve riscaldare il forno, utilizzando le fascine che egli stesso raccoglie: è un lavoro paziente ed accurato, che produce bianca cenere e tizzoni ardenti, ammassati all'imboccatura dello stesso, che viene ripulito con lo spazzaforno, per essere pronto ad accogliere le forme rotonde o allungate di pane.
Quando tutto è pronto, la Signora Pontet divide, con colpi netti e precisi, l'impasto in varie forme di pane e le depone su assi di legno, che, con l'aiuto del marito, trasporta vicino al forno.
Impiegando una pala di legno, le singole forme vengono infornate, e, finita l'operazione, lo sportello viene chiuso ermeticamente, e lo rimarrà per circa un'ora, tempo necessario alla cottura.
Quando è il momento (e l'esperienza pluriennale non inganna, come pure l'aroma che si sprigiona...), le pagnotte, dorate e croccanti, vengono estratte con l'aiuto della pala ed appoggiate ai bordi dell'imboccatura del forno, quindi riposte con cura in ceste di vimini, perché possano ricevere la giusta aerazione.
Il rito antico si conclude e nell'aia rimane sospeso un goloso e genuino aroma, mescolato all'odore di legna.